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Il Tempo delle Maschere: Carnevale o un'intera vita?

Il Carnevale: quel momento di evasione in cui ci si diverte a giocare con le maschere vestendo i panni dei più variopinti personaggi, così come facevano i teatranti dell’antichità.

Trovo interessante che il termine Persona nel suo significato latino rappresentasse proprio quelle maschere che gli attori adattavano al proprio volto per portare sulla scena i diversi ruoli che un individuo si trovava a ricoprire nella Società. «Possiamo quindi ritenere che ci mascheriamo tutto l’anno?», secondo la lettura Jungiana della Persona come Maschera la risposta è affermativa.

«Io designo con il termine Persona l’atteggiamento verso l’esterno, il carattere esteriore; con il termine Anima l’atteggiamento interiore [...]»

Jung – 1921- Tipi Psicologici

Riallacciandomi alle parole dell’autore ritengo che la Persona identifichi quell’aspetto che ciascuno di noi assume nel rapportarsi con gli altri e con il mondo e che parli quindi dei ruoli sociali che ci troviamo a rivestire nella vita di tutti i giorni. Secondo questa accezione mascherarsi non assume caratteristiche di per sé patologiche, «Non è di certo disfunzionale cambiare atteggiamento e panni passando da un ruolo ad un altro che ci troviamo ad attraversare nel corso della vita. Ad esempio, l’Io lavoratore non è forse diverso dall’Io figlio?».

Ci sono tuttavia delle condizioni in cui emergono delle fragilità psicologiche: quando ci si identifica eccessivamente con il proprio ruolo sociale e si perde la consapevolezza della propria parte più intima e personale.

Ai giorni nostri questo è un rischio che alberga dietro l’angolo. Viviamo nella Società delle Immagini, delle icone, dei corpi e visi “perfetti” che ci vengono continuamente riproposti dai social, dalle carte patinate, dai film, dai programmi televisivi ecc. In ogni ambito della vita la richiesta che sembra provenire è :«Dai il massimo, sii adeguato!». Noi siamo intrisi dal contesto in cui conduciamo la nostra esistenza; non siamo solo quello che respiriamo, ma anche quello che vediamo ed ascoltiamo. La società odierna rende molti insicuri e bisognosi di costruirsi una facciata con la quale ci si possa sentire parte di qualcosa, per non sentirsi reietti, isolati e giudicati.

La Maschera la cuciamo addosso, sulla nostra pelle, guidati dai nostri desideri e bisogni, paure e insicurezze, ma anche da quello che riteniamo che la Società si aspetti da noi. “Dietro” la Maschera nascondiamo il nostro volto, il nostro corpo, e “con” la Maschera mostriamo un nuovo “Noi”. È chiaro che con la Maschera non ci nasciamo, ma che è una costruzione derivante dall’interazione tra le esperienze e i gruppi che attraversiamo (famiglia, amici, compagni di scuola, colleghi, ecc.) e la cultura di appartenenza. La ricerca spasmodica di quell’ideale da raggiungere può portare ad indossare non una Maschera che copre, ma una che nasconde e soffoca, sprofondando nell’alienazione pirandelliana.

«Come sopportare in me questo estraneo? Questo estraneo che ero io stesso per me? Come non vederlo? Come non conoscerlo? Come restare per sempre a portarmelo con me, in me, alla vista degli altri e fuori intanto dalla mia? [...]»

Pirandello- 1926- Uno, nessuno e Centomila


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